AMMAN | GIORDANIA | 2018
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Il progetto del laboratorio tessile Rafedin, nasce nel 2016 ad Amman, Giordania, e accoglie ragazze profughe irachene, di fede cristiana, scappate con le proprie famiglie da città come Baghdad, Mosul, Qaraqosh, Kirkuk, per le rappresaglie subite dall’arrivo dell’Isis.
L’idea di creare un laboratorio/sartoria nasce dall’incontro di don Mario Cornioli, per tutti “Abuna Mario”, del Patriarcato latino di Gerusalemme che si occupa a dare ospitalità ai rifugiati iracheni ad Amman e Rosaria Diflumeri, donna vulcanica e solare con una lunga esperienza nell’ambito del volontariato. Più tardi si unisce al progetto Antonella Laura Mazzoni, stilista affermata di Massa Carrara che mette a disposizione tutta la sua professionalità, amore e passione. Maria Paola Crispini, con una lunga esperienza nel mondo della cooperazione, segue invece da vicino la gestione del progetto assieme ad Abuna Mario.
In un connubio fra l’Italia e l’Oriente, di capi disegnati in Italia e realizzati con stoffe giordane, nasce il progetto Rafedin e il marchio “Made by Iraqi Girls”.
Le ragazze sono state tutte costrette ad abbandonare la propria casa, gli studi, il lavoro, gli amici, la propria patria e da anni vivono in Giordania, paese che li ha accolti. La loro vita si trova in una sorta di limbo perché agli iracheni non è riconosciuto lo status di rifugiato, ma solo quello di richiedente asilo. Ciò significa che non possono lavorare, studiare, accedere ai servizi, integrarsi in Giordania. Vivono in attesa di ricevere un visto e la possibilità di trasferirsi in un’altro paese come l’Australia, il Canada, l’America. Attesa che può andare a buon fine e velocemnete se si ha uno sponsor, un parente stretto che possa garantire per l’intera famiglia, in alternativa l’attesa può durare molti anni.
In questo clima di incertezza, di attesa, di sospensione, dove il tempo si è congelato, Rafedin è il luogo dove poter creare cose belle, imparare un mestiere, costruire legami di solidarietà, condividere storie e sognare un futuro migliore.
Dietro ciascuna di queste ragazze c’è una storia comune. Shahad “Shushu”, dal sorriso dolce, studentessa universitaria, fuggita nel 2015 dall’Iraq assieme alla sua famiglia, ci accoglie nella sua casa, ci racconta la sua storia di come cerca di farsi carico della sua famiglia e di allevare le sofferenze del padre che ha perso la vista nell’esplosione di un’auto bomba a Baghdad. Hadeel, frequentava le scuole superiori a Kirkuk in Iraq prima di arrivare come rifugiata ad Amman. Dalida, di Baghdad, studiava informatica e ha una forte passione per il canto. Narmeen, dagli occhi pieni di tristezza sogna di andare in Australia e di aprire un salone di bellezza, come quello che aveva in Iraq, bruciato dall’Isis. Dana ha un grande feeling oltre che con il cucito anche con la macchina da presa. Iman, timida e riservata, che prepara in modo preciso i modelli di carta, ha un sogno nel cassetto, quello di diventare fotografa.
Rafedìn, da dove prende il nome il progetto, è lo spazio di terra che sta fra il fiume Tigri ed il fiume Eufrate, quella che un tempo era l’antica Mesopotamia. Nell’immaginario biblico i due fiumi ricordano che la vita è spesso segnata da sofferenze ma è percorsa anche da tanti rivoli di speranza. Di sogni e speranza ne sono pieni anche gli occhi delle Iraqi girls.
Per seguire il progetto, pagina Facebook:
https://www.facebook.com/Rafedìn-Made-by-Iraqi-Girls-رافدين-1525710037730821/